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L’erba di San Pietro

La tradizione vuole che fiorisca il 29 giugno, giorno dedicato a S. Pietro, da cui prende il suo nome, scopriamo insieme i suoi molteplici utilizzi e le sue proprietà

Il Tanacetum balsmamita L. appartiene alla famiglia delle Asteraceae. È una specie originaria dell’Asia Minore e dell’Iran settentrionale; è coltivata in Europa fin dai tempi antichi e una volta sfuggita alle coltivazioni si è naturalizzata in alcune regioni del bacino del Mediterraneo, prediligendo terreni freschi, boscaglie umide e greti dei fiumi.

Descrizione
L’erba di San Pietro presenta un rizoma stolonifero con fusti eretti e ramificati, alti fino a 120 centimetri. Le foglie sono coriacee, quelle basali sono intere, leggermente ovate, picciolate, lunghe fino a venti centimetri, con margine crenato o seghettato e di colore verde pallido; le foglie cauline sono simili ma progressivamente più piccole verso l’alto dove divengono sessili, spesso più o meno abbraccianti il fusto, con margine grossamente dentato e caratterizzate da un forte odore che ricorda quello della menta.
L’antesi avviene tra giugno ed agosto con infiorescenze costituite da capolini discoidei, riunite in corimbi terminali dove i fiori sono tubulosi e di colore giallo-verdastro.

Proprietà e usi
Già nel Medioevo l’erba di San Pietro veniva utilizzata per la cura di bronchiti, coliche, disturbi gastrointestinali ed anche oggi il suo infuso viene consumato per le medesime ragioni. Numerosi studi hanno dimostrato la capacità di questa specie di riattivare le normali funzioni del fegato e della cistifellea; il suo olio è in grado di medicare e disinfettare piccole ustioni, scottature, ferite, sfregature e punture di insetti, funge anche da cicatrizzante naturale contro ulcere, giradito, ascessi dentali e dermatiti, inoltre agevola la fuoriuscita dalla cute di corpi estranei.
Grazie alle sue proprietà repellenti, nel Medioevo, le foglie venivano utilizzate come segna libro nella Bibbia per tenere lontano dalle sue pagine gli insetti divoratori quali tarli, pesciolini d’argento e pidocchi, qualità che gli fece attribuire il nome di “Erba della Bibbia”.
L’erba di San Pietro costituisce l’ingrediente ideale nelle minestre, nelle composte di frutta, nelle frittate, nei ripieni o per insaporire pesce e carni a cui conferisce un sapore simile a quello della menta ma leggermente più amaro. Nonostante questa versatilità in cucina, resta però tra tutte le erbe aromatiche ancora poco utilizzata.

Altro che tortelli di zucca
A Castel Goffredo, non lontano da Mantova, patria dei famosi tortelli di zucca, l’erba di San Pietro diventa la protagonista del ripieno rubandole la scena.
Il tortello amaro, così chiamato per la presenza nel ripieno dell’erba di San Pietro, comunemente nota anche come “erba amara”, è stato riconosciuto dalla regione Lombardia come prodotto agroalimentare tradizionale ed è entrato inoltre a far parte della comunità Slow Food. Ogni anno, durante la terza settimana di giugno, in occasione della Festa del Tortello Amaro, le massaie si mettono a disposizione per offrire la possibilità anche ai forestieri di degustare un menù interamente a base di quest’erba.

A cura di Fabiano Ermini e Roberta Zirone dell’Associazione Hortus Simplicium

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