Chi sei tu, Altissimo e onnipotente bon Signore, e chi sono io umile verme di questa terra? Sembrano parole che escono dalla bocca di san Francesco, ammirando il quadro di Piero Casentini collocato nella grotta in cui, secondo un’antica tradizione, il santo si ritirava a pregare con i suoi fratelli nell’eremo di Poggio Bustone. Lo sfondo pittorico, fatto di rocce e pietrame, ci ricorda anche un altro luogo prossimo al convento: il Sacro Speco, dove Francesco saliva per chiedere perdono a Dio degli anni giovanili vissuti nel lusso e nella spensieratezza. Nell’opera lo sguardo del santo non appare triste, ma commosso: gli occhi fissi sulla croce sembrano sul punto di dare sfogo a un pianto liberatorio. Le mani aperte nell’atteggiamento della preghiera e dell’accoglimento del perdono ricordano un altro episodio, quello delle stimmate ricevute sul monte della Verna nel settembre 1224.
La vita dell’Assisiate è stata segnata dal seguire le orme di Cristo povero e crocefisso, e nel quadro del Casentini si nota immediatamente che l’ombra della croce si stampa sul petto del santo, come a sottolineare quello che san Paolo dice nella lettera ai Galati: Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me (Gal 2,20).
A cura di padre Renzo Cocchi