La firma della Lettera sul Presepe
Il saluto ai vescovi e al sindaco e pochi passi dopo è nella grotta del Santuario a contemplare, davanti all’affresco di scuola giottesca, la scena che ha cambiato il volto della storia. Prega da solo, in silenzio qualche minuto e poi sull’altare firma la Lettera Admirabile signum, un “regalo” a tutto il Popolo di Dio, per ribadire il senso e il valore del Presepe. “Predicate il Vangelo se fosse necessario anche con le parole”: dice il Papa dialogando con un gruppo di suore e frati francescani, provenienti dagli altri santuari reatini. “Non si tratta di fare proselitismo, di convincere gli ultimi, i peccatori – aggiunge – ma di testimoniare. Lui ci ha fatto dalla ‘terra’, come dice il Libro della Genesi, Lui ci ha fatto terra, siamo terra. Si è innamorato della nostra terra… La testimonianza dell’amore di Gesù… la povertà, l’umiltà”.
Cogliere l’essenziale
Uscito dalla Grotta, davanti la Chiesa del Santuario, lo accolgono un coro di bambini di Greccio e Rieti, che intona per lui un brano tratto dal musical “Forza venite gente”, sulla vita di San Francesco e alcuni figuranti della Rappresentazione storica del Presepe vivente, tutti in abiti tradizionali. Il Papa saluta, abbraccia, scherza coi più piccoli poi entra in Chiesa dove un altro coro di bambini, stavolta della diocesi di Roma, anima la celebrazione della Parola durante la quale Cesara Bonamici e l’attore Massimiliano Sini, danno lettura dei dieci paragrafi della Lettera sul Presepe. Riscoprire l’autenticità e la semplicità è ciò che chiede il Pontefice nella sua breve riflessione finale.
Il presepe, che per la prima volta San Francesco realizzò proprio in questo piccolo spazio, a imitazione dell’angusta grotta di Betlemme, parla da solo. Qui non c’è bisogno di moltiplicare le parole, perché la scena che è posta sotto i nostri occhi esprime la saggezza di cui abbiamo bisogno per cogliere l’essenziale.
Nessuna parola, dunque ma momenti di silenzio e di preghiera per fermare il rumore dei pensieri e delle azioni che costellano una vita frenetica. Il silenzio, dice Francesco, serve per contemplare la bellezza del volto di Gesù bambino, nato nella povertà di una stalla. La preghiera, invece per esprimere “il grazie stupito dinanzi a questo immenso dono d’amore che ci viene fatto”. Nel segno, semplice e mirabile del presepe, accolto e trasmesso dalla pietà popolare di generazione in generazione, prosegue, viene infatti manifestato il grande mistero della fede cristiana.
Dio ci ama a tal punto da condividere la nostra umanità e la nostra vita. Non ci lascia mai soli; ci accompagna con la sua presenza nascosta, ma non invisibile. In ogni circostanza, nella gioia come nel dolore, Egli è l’Emmanuele, Dio con noi.
Il sorriso di Maria che disperde l’indifferenza
Solo contemplando la nascita del Dio, che ha accettato di farsi Bambino in mezzo alla povertà e alla piccolezza umana, come hanno fatto i pastori di Betlemme, aggiunge il Papa, sentiremo il nostro cuore riempirsi di gioia.
Allora il nostro cuore sarà pieno di gioia, e potremo portarla dove c’è tristezza; sarà colmo di speranza, da condividere con chi l’ha perduta. Immedesimiamoci in Maria, che depose il suo Figlio nella mangiatoia, perché non c’era posto in una casa. Con lei e con San Giuseppe, suo sposo, teniamo lo sguardo rivolto al Bambino Gesù. Il suo sorriso, sbocciato nella notte, disperda l’indifferenza e apra i cuori alla gioia di chi si sente amato dal Padre che è nei cieli.
Alle 17.10 l’elicottero di Francesco decolla verso il Vaticano. E’ sera ormai ma sui volti e nei cuori delle famiglie che lo hanno appena incontrato, resta la gioia luminosa del Natale e l’importanza di continuare a coltivare tradizioni, come il Presepe, che manifestano il mistero del fede.