Dante Alighieri, nei canti XI e XIII del Paradiso dedicati alla celebrazione dell’opera intrapresa da Francesco d’Assisi e Domenico di Guzman a salvaguardia della Chiesa universale, nel secondo gruppo dei compagni di San Francesco, la seconda santa mola, nomina frate Illuminato da Rieti.
Dante si trova nel cielo del Sole, il quarto cielo governato dalle Potestà, dove gli si fanno incontro gli spiriti sapienti. Accanto a San Bonaventura da Bagnoregio, nella ghirlanda dei mistici e dei dottori della Chiesa, si trovano Agostino da Assisi e, appunto, Illuminato da Rieti, detto anche de Arce.
Frate Illuminato, nato intorno al 1190 a Rocca Sinibalda, viene ricordato dallo stesso Bonaventura con un’efficace immagine retorica «Illuminato nomine, viro utique luminis et virtutis» (Bonav. IX), giocando sulla polisemia suggerita dal suo nome.
Illuminato da Rieti fece parte, nel 1219, del gruppetto di fidati compagni che seguirono Francesco in terra d’Oriente, fu presente all’incontro con il sultano di Egitto Al-Malik Al-Kamil, nel 1224 assisté sulla Verna alla miracolosa stigmatizzazione, che contribuì a rivelare.
Nel 1246, fu presente a Greccio durante la stesura della cosiddetta Legenda trium sociorum composta da Angelo Tancredi, Leone e Rufino su commissione del Capitolo generale di Genova tenutosi nel 1244, interpellato perché desse la sua testimonianza riguardo agli episodi della vita del Santo a cui aveva assistito.
Frate Illuminato da Rieti, che San Bonaventura conobbe, apprezzò e ricordò con stima nella sua Legenda maior, morì ad Assisi intorno al 1266.
A cura di Ileana Tozzi