Un esempio per superare l’avidità e l’ossessione per il presente.
È stata una festa intensa quella vissuta a Borgo San Pietro in occasione del 783° anniversario della nascita al cielo di santa Filippa Mareri. Preparata da un triduo iniziato il 14 febbraio e affidato a padre Mariano Porcelli, e preceduta nel pomeriggio di sabato da una messa in scena sulla vita della santa, la celebrazione solenne della domenica mattina ha visto il vescovo Domenico presiedere la messa affiancato dal parroco Tomasz Jan Chlebowsky. L’occasione è stata colta da mons Pompili per affidare l’intero territorio del Cicolano alla protezione di Filippa Mareri, accompagnando il momento con l’esposizione di un nuovo dipinto che rappresenta la santa sullo sfondo della valle.
Per spiegare il fascino e l’attualità di Filippa il vescovo si è appoggiato al testo delle beatitudini, e seguendo il Vangelo di Luca ha spiegato che «Gesù non vuole beatificare la povertà, né maledire la ricchezza. Vuole piuttosto precisare dove porre la fiducia: non nella fragilità della carne, ma nella forza che viene da Dio». Quella del maestro, dunque, non è «una mobilitazione politica per ribaltare l’iniqua condizione economica-sociale del suo tempo; è l’apertura ad un’altra dimensione che consenta di vivere diversamente. Se c’è Dio, cioè la vita eterna, si capisce che non l’eccesso, ma l’eccedenza è la strada da seguire. La vita piena non è quella che accumula, domina, controlla, moltiplica, accelera, ingigantisce. È piuttosto la vita che si perde per ritrovarsi. Dunque, non ci si salva da soli, né per sé. Ci si salva insieme agli altri e attraverso gli altri».
Questa «via seguita dal Maestro», è la stessa percorsa da santa Filippa. Un percorso di emancipazione che fa comprendere come «a noi, rispetto al Medio Evo, manchino due cose». Mons Pompili le ha personificate nelle figure di san Francesco e Dante Alighieri: il primo è l’immagine della «liberazione dall’avere che ci sta derubando dell’anima e ci fa diventare nevrotici del benessere»; il secondo incarna «il futuro, cioè l’al di là oltre il presente».
L’attualità di santa Filippa è dunque nell’esempio della sua «esistenza alternativa che è fatta di libertà e di eternità»: una sorta di rimedio alle due gravi malattie dell’avidità e del presentismo. «La vita non è kronos che divora i suoi figli – ha insistito il vescovo – ma è kairos, che fa nascere la vita. Ecco perché santa Filippa è sempre giovane. Questa è la giovinezza che rende lieta l’esistenza. Non quella che pretende di bloccare il tempo e di replicare in forme patetiche la gioventù, ma quella di chi si impegna a far passare quel certo senso dell’esistenza che porta in avanti. Così si compie il passaggio di generazione in generazione».
Come ogni anno, la liturgia ha compreso la processione con la reliquia di santa Filippa dal monastero fino al lago. La banda di Capradosso ha dato il ritmo alla discesa fino alle rive, dalle quali un piccolo gruppo di suore è scivolato su un’imbarcazione fino al punto del lago che ricopre l’antico monastero. Lì è stato posato sulla superficie delle acque un mazzo di fiori.